A
scuola gli insegnanti dovrebbero agire su due dimensioni ontologiche
fondamentali: l’autocoscienza e la coscienza degli alunni.
La
prima risponde alla domanda del “chi siamo”, la seconda del “cosa e come
conosciamo”.
L’autocoscienza
è il fondamento della nostra identità di uomini e di donne che esprimono
affetti, emozioni, relazioni e un peculiare patrimonio esperienziale. Questa
dimensione identitaria del sé, composta da valori morali, sociali, affettivi, culturali
di appartenenza, è necessaria allo sviluppo armonico e completo della persona.
La
coscienza è, invece, quella condizione che esplicita il “cosa e il come conosciamo”
ed è alla base delle scelte e delle nostre rappresentazioni mentali utilizzate per
capire, interpretare e interagire con la realtà circostante.
La
scuola avrebbe il compito di sviluppare entrambe le dimensioni attraverso attività
mirate al consolidamento dei valori civili, democratici e culturali utilizzando
efficaci procedure metacognitive, strategie riflessive sul compito e tecniche per
organizzare i contenuti del sapere (mappe concettuali, mappe mentali, modalità di
memorizzazione etc.) che sono alla base del “metodo di studio”.
Gli
insegnanti purtroppo inseguono i programmi, i contenuti disciplinari, le
verifiche, le prove INVALSI perdendo di vista il senso reale dell’insegnamento
e dell’apprendimento o, per dirla meglio, danno importanza al peggior “nemico”
dell’insegnare ad apprendere.
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